Don Matteo il "nostro parroco"

"Erano tutti pronti a partire con me....come potevo lasciare a casa qualcuno!"

Don Matteo Valla
Don Matteo Valla

Don Matteo è stato il parroco di Coli per 55 anni (1958-2013). Ogni abitante di Coli vi potrà raccontare mille aneddoti. Tutti gli volevano bene. Non c'è molto altro da aggiungere se non i ricordi scritti da Voi. 

 

 

I ricordi degli amici

Davide Pugni

Mi piacerebbe ricordare Don Matteo con le parole della sua ultima omelia, che credo sia stata la più bella che gli abbia sentito proferire: "Nella vita quello che conta veramente è la salute e l'amicizia... a volte la prima può venire a mancare, ma la seconda è indissolubile, e a vedere la partecipazione di oggi, posso dire che tutti noi abbiamo perso un grande amico!!"

GRAZIE DI TUTTO DON!

Di Roberto Bertuzzi

23 febbraio 2013, a Coli nevica come non si vedeva da anni, scendo in piazza, le campane suonano, sulla porta della chiesa c’è lui, Don Matteo. Mi avvicino e gli dico: Don mai come oggi vale il tuo motto, quello che usi per le cose che sono importanti che si devono fare a tutti i costi: “anca sa fioca!!!”. Don Matteo scoppia in una risata delle sue, per una volta sono io che gli regalo un sorriso, mi dice come sempre “salutatami il tuo bimbo” e poi si dilegua di fretta e furia per iniziare la celebrazione della messa come di consueto. Mai avrei immaginato fosse il nostro ultimo saluto, almeno da questa parte del mondo. I monti imbiancati, due chiacchere con gli amici, il rumore di un trattore che spala la neve, il latrato di un cane, Coli è tutta qui, piccole cose che regalano grandi emozioni.

In questo contesto si è svolta la missione sacerdotale di Don Matteo. Amico di tutti e parroco del paese, una persona che per ognuno di noi era di “famiglia”. Ognuno ha qualcosa di unico e magico, insieme a tanti difetti. Lui aveva una grande dote. Quella di saperti sempre regalare un’ emozione, nell’album dei ricordi più belli di ognuno di noi c’è più di un'avventura vissuta con lui. Don Matteo sapeva trasmettere con l’esempio concreto valori come l’entusiasmo, l’uguaglianza, l’amicizia, la generosità . Con l’auto carica di bambini oltre ogni limite disse: “Erano tutti pronti a partire, come avrei potuto lasciare a casa qualcuno!” Esempi cosi valgono più di mille discorsi.

Una delle regole di una vita di successo è “inizia pensando dalla fine”, quali sentimenti vorremmo che nutrissero le persone al nostro funerale? Gli amici? I famigliari? I nostri colleghi? Da lì nasce la missione della nostra vita. Avere chiaramente in mente la ”fine” contribuisce in maniera significativa ad impiegare ogni giorno alla realizzazione dalla nostra visione.

Tanta gente era presente al suo funerale il 13 marzo scorso, ma mai avevo percepito un così grande e spontaneo affetto da parte di tutti. Un saluto che dimostra come l’ultima giornata sia stata uguale alle altre della sua missione. Una missione svolta con passione e tanto amore per il prossimo.            

 

PIERLUIGI TROGLIO 

Don Matteo Valla, non solo un prete

Per me soprattutto un amico vero

 

"Ei fu, siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, cosi percossa e attonita la terra al Nunzio sta…" parole di Alessandro Manzoni con le quali nella poesia Cinque maggio celebrò la morte di Napoleone Bonaparte, che mi sembra vadano a pennello anche per celebrare la scomparsa qualche giorno fa di don Gian Maria Matteo Valla, parroco di Coli e canonico della Cattedrale di Bobbio.

Il mio non è un ricordo di don Matteo di quelli ufficiali e formali, ma di un amico vero che niente ha a che fare con le moderne amicizie da computer. Era nato a Bobbio nel 1932 in un posto bellissimo, sulla destra del fiume Trebbia, Sant'Ambrogio, sulla strada Bobbio-Piancasale. Il papà Luigi faceva il macellaio e il commerciante di bestiame, una montagna d'uomo. Per tutti era "Vigiot". La mamma Elvira una donnina minuta tutta energia, sempre con un bel sorriso sincero sulle labbra. Gli altri membri della famiglia, famiglia una bella nidiata di figli, come si usava a quei tempi.

A Sant'Ambrogio ero di casa, ci abitava un mio zio, Natale, che guarda caso era anche zio di don Matteo. Anche "Natalin" aveva moglie e il matrimonio era stato benedetto da una bella squadretta di figli, due famiglie, fra le dieci e le quindici persone che vivevano in amore ed in accordo.

Lì ho vissuto tante giornate insieme a don Matteo che frequentava il seminario di Bobbio. Vale la pena ricordare che Sant'Ambrogio è stata terra benedetta da Dio, ben tre vocazioni da prete vi sono fiorite: don Matteo Valla, mitico parroco del Duomo, don Francesco Troglio diventato parroco di molte parrocchie per finire a Vaccarezza e don Gian Maria Matteo Valla, ultima sua sede le parrocchie di Coli e Peli con il santuario di Sant`Agostino al quale era legato in modo particolare e che con anima e corpo e tanto "unto di gomito" ha ristrutturato in modo eccezionalmente bene.

Chi non lo ha conosciuto, per sapere che tipo di prete fosse don Matteo, sarebbe bastato che si fosse trovato a Bobbio mercoledì mattina al suo funerale. Una dimostrazione pubblica di affetto e di stima che molto raramente si ha occasione di vedere non in piccole località, ma addirittura nelle grandi citta.

La morte di don Matteo, tutti lo chiamavamo cosi, è stata altro che un fulmine a ciel sereno, è stata un terremoto di emozioni e di dolore. Lui non aveva età. Sempre di premura, sempre di corsa, parlava, mentre camminava con due o tre persone in contemporanea, non c'era muscolo del suo corpo che stesse fermo, gambe, braccia, occhi, lingua, tutti gli organi in azione: parlava con giovani, anziani, ricchi, poveri, dottori, professori, artigiani, contadini, non faceva alcuna differenza, tutti trattati allo stesso modo parlando, gesticolando; una macchina di straordinaria vitalità.

La scomparsa di don Matteo sarà un colpo difficile da assorbirea, sia per la Chiesa di Bobbio che per l'intera Diocesi di Piacenza-Bobbio.

Tempo fa ho letto di un "modo nuovo di essere preti oggi": lui è sempre stato prete nel "modo giusto", nel predicare la parola di Dio, adeguando ad essa il comportamento personale. Poi non si può essere buoni per tutti, né infallibili, ma don Matteo lo è stato, a mio modesto parere, in larghissima misura.

Due episodi di vita vissuta con don Matteo, li voglio però raccontare. Amava praticare sia la pesca che la caccia, era tifoso del Genova. Dell'essere cacciatore era convinto di non avere l'approvazione totale del Supremo, ma sconsolato diceva di non poterci rinunciare. Le case di Sant'Ambrogio distano dalle acque del Trebbia una manciata di metri, ai tempi balbi, trote, cavedani, anguille le popolavano abbondantemente e io andavo a pescare con don Matteo, o con il "tramai" o gettando in acqua qualche bottiglia con dentro il carburo che esplodeva e l'onda d'urto provocava la morte di qualche pesce, che velocemente portavamo a casa per paura di venire scoperti dai guardiapesca.

Un'altra volta eravamo alla festa di san Eustachio, patrono di Vaccarezza dove era parroco don Francesco Troglio. Ovviamente don Matteo non poteva mancare. Dopo avere assolto alle pratiche religiose e a quelle di una bella tavola imbandita, don Matteo mi chiese se volevo tornare a Bobbio con lui in motocicletta. Fare un viaggio Vaccarezza-Bobbio in moto valeva quello che vale oggi fare un giro in Ferrari, quindi non mi parve vero e salii sul mezzo tenendomi ben stretto a lui. Dire che fosse spericolato, è poco, la strada né asfaltata, né bianca, comunque non un biliardo e ogni curva mi sembrava di trovarmi steso a terra, fino quasi a Bobbio, precisamente a Ravanera. Tanta fifa, ma anche gioia, poi mi disse: «Tieniti bene, perché adesso facciamo toccare per terra il cavaletto». Non realizzai subito la cosa, ma se oggi sono qui a raccontarla ci mise allora una mano Dio.

Ciao don Matteo, sono convinto che anche in Paradiso sarai l'amico spassoso di tutti, a noi sulla Terra resterà però il tuo incancellabile ricordo.